sabato 23 aprile 2016

OK! QUANDO COMINCIAMO?

Da dove nasce questa frase?

Mi trovavo nel mio ufficio all'interno del Centro per l'impiego di Cesena. Lavoravo come Orientatrice Professionale e mi occupavo di adolescenti dai 14 ai 18 anni e di uomini in transizione lavorativa. La persona che aveva appuntamento con me non si era presentata quindi avevo un'ora libera e stavo controllando alcuni documenti. Una mia collega, psicologa, bussa alla mia  porta dicendomi:
-c'è un ragazzo che gira per i corridoi, un po' sperduto e mi sembra anche un po' tonto. Ha 17 anni, quindi tocca a te.
Rispondo:
-va bene fallo entrare.






Mi appare un ragazzo russo alto circa un metro e novanta, spalle larghe, biondissimo, occhi di un blu profondo e un atteggiamento stile " Ti spiezzo" del film di Roky di Stallone. Gli propongo di entrare e chiudere la porta. Mi guarda male. Lo invito a sedersi sulla poltroncina d'ufficio davanti alla mia scrivania e gli porgo la domanda di rito:
- Come posso aiutarti?
Risponde:
-Voglio diventare ingegnere nucleare.
Rimango un po stupita da questa chiarezza d'intenti. Solitamente gli adolescenti non hanno le idee così chiare.prendo un foglio bianco, più per prendere tempo, e cominci a fargli alcune domande:
-nome, da quanto tempo ti trova in Italia, che studi hai fatto nel tuo paese, etc...?
Scopro che è appena arrivato da qualche mese in Italia al seguito di sua madre, ingegnere chimico, che aveva sposato un camionista di Cesena. Studiava 4 ore al giorno italiano e inglese e lavorava qualche ora al giorno in un fast food. Aveva studi scientifici nel suo paese, ma gli avevano riconosciuto, in Italia solo la terza media.
Terminata la mia raccolta di informazioni molto sintetica; rispondeva in modo telegrafico alle mie domande; comincio la descrizione del sistema scolastico in Italia e come fare per diventare ingegnere nucleare. Quindi 5 anni di liceo scientifico e altri 5 di università.
A quel punto non so più cosa dire, lui mi guardava in silenzio. Scorgo che sta pensando e mentalmente sta delineando il suo percorso. Rimaniamo in silenzio per qualche secondo. A un certo punto esordisce:
- Ok! quando cominciamo?
Rimango sorpresa! Il tono è di sfida. Ho qualche attimo d'esitazione per pensare a come rispondere a questa domanda. Mi rendo conto che lui aveva stimolato il mio desideri di raccoglie una sfida. Rispondo:
- Cominciamo subito!
Prendo la cornetta del telefono e l'elenco dei licei scientifici della zona. Comincia la mia ricerca di posti disponibili; era fine settembre e la scuola era già cominciata; ricevo alcune risposte negative. Solo un liceo mi accetta questo inserimento fuori dai termini. Chiedo un appuntamento per un test d'ammissione e l'elenco dei documenti necessari per l'iscrizione. Chiudo la telefonata e consegno indirizzo, ora dell'appuntamento per il giorno dopo e l'elenco dei documenti. Si alza lentamente dalla poltroncina. Mi sembra incredulo. Mi ringrazia ed esce dal mio ufficio. Non lo rivedrò mai più.
Qualche giorno dopo ricevo una telefonata dal Preside del liceo:
- chi cazzo mi ai mandato?
Rimango basita. Penso dentro di me: che ha combinato? Abituata ai problemi degli adolescenti mi aspetto di tutto. Domando:
- Che ha fatto?
- E' un  genio! Non ho mai visto un ragazzo di quell'età rispondere così ai tests. Questo ai nostri ragazzi gli fa tre giri intorno e loro non se ne accorgono nemmeno! Se non si perde, li farà impallidire tutti!
Resto a bocca aperta. Non so che dire.
Penso alla mia collega che mi aveva detto che forse era un po' tonto.
Non potrò dimenticalo. Mi è rimasto impresso nella memoria. Un ragazzo forte, orgoglioso e deciso. Con una potenza incanalata verso un obiettivo. Così diverso da noi italiani sempre a perderci in chiacchiere.

domenica 10 aprile 2016

E se ci chiedessimo tutti cosa vogliamo e cosa possiamo fare per noi e per l'Italia. Vogliamo abbandonarla definitivamente o combattere per riprendercela?

Signor Vaccaro, sono perfettamente in sintonia con quello che dice. Io dal mio piccolo punto di vista, a Parigi da quasi due anni, so che i numeri che lei ha dato sono solo la punta di un iceberg. So che gli italiani all'estero sono molti di più perchè molti non si registrano. Sono fuori dall'Italia anche da più di 20 anni e non ne vogliono più sentir parlare.Ritornano per rifare i documenti e trovare i parenti, ma la loro vita è ormai altrove perchè l'Italia non migliora con il tempo. Oggi sembra una Bella Addormentata che dorme da più di 150 anni. Non si capisce sotto quale incantesimo si trovi. La cosa che trovo curiosa sono i nuovi italiani all'estero che non si sono ancora arresi, io faccio parte di questi. Non si sono arresi, ma soffrono di n'inquietante dissociazione cognitiva: sono italiani all'estero, non desiderano più avere rapporti con l'Italia, ma vivono in paesi che non sono i loro. Cercano con pazienza e dolore di trovare un posto nel mondo. Sono consapevoli che non torneranno più come i loro padri, ma allo stesso tempo le nuove tecnologie fanno sentire l'Italia e gli italiani ancora vicini. Ci scambiamo opinioni, consigli, critiche alla politica, ma siamo prigionieri di una sindrome da Impotenza Appresa che ci blocca nel "non possiamo fare nulla". Mi spiego: questi comitati nascono per riunirci e farci sentire vicini. Ok! vicini tra noi o vicini all'Italia? Desideriamo essere riconosciuti, ma giustamente se i soldi e i poteri di nominare i gestori vengono dall'Italia, una madre patria che ci ha rifiutati, a cosa servono se non a confermare la nostra impotenza? Oggi, io credo, sarebbe più sano che gli italiani all'estero si domandassero cosa realmente sono e cosa vogliono fare per il loro paese? Pensiamo di non appartenergli più? Pensiamo di ritornare? Perchè questo se accadesse, creerebbe un grande imbarazzo agli attuali politici che probabilmente contano sul fatto che non torneremo più e quindi ci daranno forse un contentino per tenerci fuori dai giochi. Dunque sarebbe meglio che facessimo una bella autoanalisi e ci chiedessimo tutti cosa vogliamo e cosa possiamo fare per noi e per l'Italia. Vogliamo abbandonarla definitivamente o combattere per riprendercela?

mercoledì 6 aprile 2016

No crescita! No decrescita! Economia circolare!



COME LA MICROECONOMIA PUÒ CAMBIARE UNA NAZIONE 
E RIDISEGNARE I PICCOLI E GRANDI MERCATI.



Come un cambiamento relativo al progetto può essere una strategia di vero cambiamento? Di reale ridefinizione dei mercati?

Ogni cittadino di questo mondo sarà l’architetto di un nuovo mondo.
La sua sensibilità ridisegnerà i mercati:

1. una sensibilità ecologia orienterà e svilupperà un mercato ecologico
2. una sensibilità tecnologica orienterà un mercato tecnologico
3. una sensibilità artistica un mercato artistico
4. la responsabilità sarà individuale e, al contempo collettiva
5. le nuove idee si moltiplicheranno
6. i bisogni primari soddisfatti (non per magia, ma per una nuova consapevolezza dell’ambiente e della provenienza dei prodotti)
7. il mercato del lavoro sarà ridisegnato anch’esso (non più la paura di licenziare, né di essere licenziati)
8. reale contrattazione del mercato del lavoro tra offerta e domanda
9. la qualità delle produzioni sarà migliore
10. la giustizia sociale sarà una realtà, non solo qualcosa scritta, ma mai attuata